Riflessioni Ne Perdantur
La via della libertà. Educare contro ogni idolatria
“Non sono dèi quelli fatti da mani d’uomo” (At 19,26)
C’è una parola che, nei primi tempi del cristianesimo, indicava tutto: cammino, stile, comunità, resistenza. Era “la via”. Non un’etichetta religiosa, ma una sfida quotidiana: vivere diversamente, dentro un mondo segnato da interessi, poteri e idoli ben radicati. Paolo non ha costruito chiese, ha fondato legami. Non ha conquistato piazze, ha seminato coscienze.
A Efeso, come oggi nelle nostre città, il problema non è la religione. Il problema è quando la fede diventa merce. Quando il sacro si mette in vendita. Quando il benessere si costruisce sull’illusione. Lì la via cristiana rompe gli equilibri: non perché cerca lo scontro, ma perché annuncia una speranza non compatibile con il profitto idolatrico.
La rivolta degli argentieri non è solo un episodio del passato. È il paradigma di un conflitto sempre attuale: tra l’Evangelo gratuito e l’economia del sacro. Tra chi educa alla libertà e chi traffica nella paura. Tra chi forma coscienze e chi vuole consumatori obbedienti.
Anche noi, come ENGIM, siamo dentro questo bivio ogni giorno.
Siamo dentro Efeso: città dinamica, attraente, spirituale e corrotta, dove si vendono amuleti e si comprano promesse.
Siamo dentro un sistema che ci chiede di addestrare, non di educare; di adattare, non di liberare.
E allora: che cosa formiamo? Chi stiamo servendo? Di quali dèi siamo al servizio?
Chi educa con libertà mette in crisi i mercanti del tempio. Chi forma coscienze non farà mai profitti facili. Ma è questo il nostro compito: non benedire ogni cosa, ma discernere e, quando serve, dire di no.
Perché non tutto si può compatibilizzare.
Non tutto è “neutro”.
Non tutto è “formazione”.
“La via” di Paolo è un’alternativa radicale. È una scelta integrale: spirituale, economica, politica.
Non cerca appoggi nel potere. Cerca libertà per poter annunciare e costruire il Regno.
Anche noi chiediamo spazi di legalità, giustizia, dignità. Non per avere privilegi, ma per poter servire davvero. Non per difenderci, ma per generare futuro. Perché senza libertà non si educa, si addestra. Senza giustizia non si forma, si condiziona. Senza parresia, il Vangelo diventa ornamento.
A Efeso, il cancelliere interviene: non perché crede, ma perché è giusto. Anche questo è importante. Le istituzioni, quando sono autentiche, difendono la convivenza. Non si tratta di clericalizzare lo Stato, ma di ricordare che senza un’etica condivisa le leggi diventano gusci vuoti.
Oggi vediamo tutto questo in crisi. La politica diventa spettacolo. La religione, slogan. L’educazione, algoritmo.
Ma noi resistiamo. Con il passo lento dei giusti. Con la coerenza quotidiana.
Formiamo giovani non per adattarli a un mondo ingiusto, ma per trasformarlo.
Non per sopravvivere, ma per vivere con senso.
La nostra è una via fatta di scelte difficili:
-
Non vendiamo illusioni.
-
Non assecondiamo il pensiero magico.
-
Non riduciamo l’identità cristiana a una formula da inserire nei progetti.
-
Non cerchiamo consenso. Cerchiamo coscienze.
Ne perdantur i volti, le vocazioni, i sogni, la verità. Ne perdantur la libertà e la giustizia. Ne perdantur i giovani.
Per questo, anche quando costa, non cediamo alla seduzione del potere.
Non manipoliamo il sacro per ottenere fondi.
Non stringiamo patti che ci tolgano la voce.
Preferiamo la croce alla complicità. Preferiamo l’esclusione alla perdita di senso.
Questo è il nostro compito:
non conquistare spazio. Ma rimanere fedeli.
Non occupare l’agenda. Ma abitare il tempo con giustizia.
Come Paolo a Efeso, non cerchiamo il favore dei potenti, ma la libertà per annunciare un Vangelo che guarisce, che libera, che converte.
Un Vangelo che non si compra, non si vende, non si piega.
Questa è la nostra via.
Questa è la nostra parresia.
Questo è il nostro Ne perdantur.
padre Antonio Teodoro Lucente
Presidente ENGIM