Riflessioni Ne Perdantur

La fede si fa città: perché il cristiano si impegna nel sociale

Perché un cristiano, un operatore ENGIM, dovrebbe occuparsi di politica, di economia, di giustizia sociale? Non rischia forse, così facendo, di “distrarsi” dal Vangelo e dalla vita spirituale?
Queste domande attraversano il cuore di molti. Eppure, nella storia della Chiesa, la risposta è sempre stata chiara per chi ha occhi per vedere e cuore per sentire non c’è autentica fede cristiana che non si incarni nelle pieghe della storia, nelle lotte dei popoli, nelle speranze quotidiane dei poveri.
Nel cuore della Gaudium et Spes, la Costituzione pastorale del Concilio Vaticano II, risuona con forza la verità che fonda l’agire del cristiano nel mondo:
“Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi [...] sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo” (GS 1).
Non è un’opinione. È una scelta di campo. È l’eredità viva di san Leonardo Murialdo, che insegnava a leggere il Vangelo con gli occhi dei giovani operai. È la lotta della Gioventù Operaia Cristiana che, accanto agli sfruttati, ha saputo testimoniare che la fede si gioca nei luoghi concreti del lavoro, del quartiere, del sindacato, della polis.

Una fede che non fugge il mondo

Papa Francesco lo ha ribadito con vigore: “La fede non allontana dal mondo, non risulta estranea all’impegno concreto”. Al contrario, la fede autentica illumina l’arte dell’edificazione (Lumen Fidei 51), ci chiama a costruire relazioni giuste, a lottare contro l’ingiustizia, a prenderci cura della casa comune. Ogni volta che qualcuno dice: “Lasciamo queste cose ai politici, noi pensiamo alla preghiera”, si ripropone quella dissociazione tragica che il Concilio ha definito “uno dei più gravi errori del nostro tempo” (GS 43).

Una Chiesa “nel” mondo

Il Vangelo è una forza che trasforma. Gesù stesso ha camminato nei villaggi, ha toccato la povertà, ha sfidato i potenti, ha denunciato l’ipocrisia religiosa. Seguirlo oggi significa immergersi nella storia senza lasciarsene corrompere, ma nemmeno restarne alla finestra.
Papa Benedetto XVI ricordava che il cristiano può impegnarsi nella Borsa o nel Parlamento, ma non per ideologia, bensì per portare lì dentro la luce del Vangelo. È un modo concreto di rispondere alla chiamata evangelica: “Ero affamato e mi avete dato da mangiare; ero forestiero e mi avete accolto” (Mt 25,35).

Ne perdantur: una fede che si fa carne

Nel nostro tempo, segnato da guerre, crisi ecologiche, precarietà del lavoro e smarrimento educativo, non possiamo accontentarci di una fede privata, chiusa in sacrestia. Il Ne perdantur ci ricorda che nessuno deve andare perduto, che ogni angolo della vita – anche quello “politico” – è campo della salvezza.
Per questo, un cristiano non può rimanere neutrale. Deve prendere parte, scegliere, mettersi accanto agli ultimi, denunciare lo sfruttamento, costruire alternative. Non è un optional. È espressione della fedeltà a Cristo, che ha scelto di entrare nella nostra storia per redimerla tutta intera, non solo nell’anima ma nelle sue strutture sociali.
Chi crede, si sporca le mani. Chi crede, lotta. Chi crede, si compromette. Perché il Regno di Dio non è un'utopia lontana, ma un seme che cresce nella storia, nel quotidiano, nella carne del mondo.

padre Antonio Teodoro Lucente
Presidente ENGIM