Il Natale rischia spesso di diventare ciò che non è: una pausa gentile nel ritmo dell’anno, un rito che consola senza interrogare davvero la vita. E invece il Natale vero non è mai stato un’evasione. È stato un ingresso. Un ingresso nella storia, nelle case, nel lavoro, nelle paure e nelle attese degli uomini e delle donne di ogni tempo. Un ingresso nella quotidianità, là dove la vita accade senza clamore.

La notte di Betlemme non racconta uno spettacolo religioso, ma una scelta radicale. Dio non entra nel mondo dall’alto, non prende la via del potere o della visibilità: entra dal basso, scegliendo il feriale, ciò che non fa notizia. Non si impone, si consegna. Una mangiatoia basta a dire tutto di questo stile: il luogo minimo, povero, ordinario diventa il segno di una presenza che cambia la storia.

Per questo il Natale non è un ricordo da celebrare una volta all’anno, ma un modo di guardare la vita. Ci educa a riconoscere che la novità di Dio non abita i palcoscenici, ma le pieghe della realtà, là dove la vita è fragile, ordinaria, spesso invisibile agli occhi del mondo. È lì che passa la salvezza, è lì che Dio continua a farsi incontrare.

Il Natale è sempre l’incontro tra due movimenti che si cercano. Da una parte la vicinanza di Dio, che prende l’iniziativa e si fa prossimo senza attendere condizioni o garanzie. Dall’altra il desiderio dell’uomo, che sceglie di mettersi in cammino, di non restare fermo, di alzare lo sguardo. Non c’è magia, non c’è automatismo: c’è una chiamata che risuona nella vita e una libertà che decide di rispondere. C’è una stella che indica una direzione e uomini e donne che scelgono di seguirla, senza sapere tutto, ma fidandosi abbastanza da partire.

In questo movimento silenzioso si gioca la verità del Natale. Veglia chi desidera, desidera chi ama, ama chi sa uscire da sé. Per questo il Natale non è un intervallo sentimentale tra un impegno e l’altro, ma una chiamata che attraversa le scelte quotidiane. È una chiamata a vegliare sulle vite che ci sono affidate, perché nessuno venga dimenticato; a desiderare un futuro che non si costruisce da soli; a uscire dalle nostre zone sicure per attraversare le distanze che separano, feriscono e isolano.

La novità di Dio non è un’idea astratta né un sentimento passeggero. È la forma concreta dell’amore che prende posizione. Nasce ogni volta che scegliamo la relazione invece dell’indifferenza, la cura invece dell’abitudine, la responsabilità invece del calcolo. Il Natale accade ogni volta che qualcuno non viene lasciato solo, ogni volta che una vita viene custodita, ogni volta che si decide, con semplicità e coraggio, che nessuno deve andare perduto.

In questo tempo non ci è chiesto di moltiplicare parole o emozioni, ma di assumere uno stile. Ci è chiesto uno sguardo attento, un cuore acceso, un passo deciso. Perché il Natale non chiede applausi: chiede posizione. E continua ad accadere oggi, nella nostra quotidianità concreta, fragile e reale, lì dove scegliamo di stare, con chi scegliamo di camminare, per il mondo che decidiamo di preparare.

Buon Natale.

Che nessuno si perda.

padre Antonio Teodore Lucente
Presidente ENGIM