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La lezione del nuovo virus

Con il DPCM 4 marzo 2020, entrato in vigore il 4 marzo 2020, all’articolo 1, comma 1, lettera d), viene disposta la sospensione fino al 15 marzo delle attività didattiche, tra l’altro, anche dei corsi di formazione professionale.

Prima lezione: per quanto avanzate, le nostre società rimangono vulnerabili. Una ovvietà? Forse. Ma la paura di questi giorni non è forse il sintomo di una società che si pensa invulnerabile? E dove la morte è rimossa?
Per risvegliare la percezione collettiva della nostra costitutiva fragilità, ci vuole qualcosa che ci coinvolge tutti. Come un’epidemia, appunto, a ricordarci che, per quanto potenti possiamo diventare, non possiamo pensare di controllare tutto. Rompendo in modo clamoroso tutte le routine in cui la vita sociale è organizzata, il coronavirus ha bruscamente riportato alla ribalta questa verità che tendiamo a nascondere.

Sono giorni per riunire, non per separare.

Sono per condividere la nostra vulnerabilità, nella convinzione che l’essere umano è ospite – non padrone – della vita di tutti.

Lo spirito delle Beatitudini apre una via per la società civile.

L’illusione di diventare signori assoluti della vita non significa affatto averne più cura. L’assuefazione al pensiero di un dominio tecnico totale dell’esistenza, come se l’immunità perfetta dalla malattia e dalla morte fosse soltanto questione di tempo e di mezzi, ci rende ogni giorno più vulnerabili "dentro" (e anche "fuori").

LA DEMORALIZZAZIONE COMUNITARIA DEL PRINCIPIO-SOLIDARIETÀ, che cresce insieme con l’ossessione individuale del principio-autonomia, ci conduce rapidamente a varcare la soglia sottile che separa il passaggio dall’indifferenza irresponsabile («Non è un mio problema») alla paura incontrollabile («Si salvi chi può»).
La dignità della vita umana condivisa, che cura le ferite, affonda con la nostra ossessione del benessere totale, che scarta i feriti.
Quando tutti possono fare qualunque cosa, della vita, senza riguardo per la comunità, la comunità non può fare più niente per sé stessa. E per noi.

NON SIAMO PADRONI DELLA VITA.

La cifra dell’appello è racchiusa nella bellissima parola di Paolo:

“2 Cor 5,20 Lasciamoci riconciliare con Dio” o saremo tutti in ostaggio di piccoli padreterni di complemento, che ci convinceranno che vale la pena di vivere soltanto se siamo perfetti e invulnerabili.

Padre Antonio Lucente
Presidente Fondazione ENGIM

 

Le parole del nostro Presidente ci spronano ad un'attenzione particolare verso i ragazzi che in questi giorni di emergenza sanitaria sono costretti a stare lontani dai nostri centri di formazione.
Questi sono giorni per unire, non per separare. Per questo, in tutti i centri ENGIM, ci impegneremo a trovare la via per rimanere connessi con loro, con tutti i mezzi possibili, anche telematici.
Il ringraziamento anticipato va a tutti quegli operatori di ENGIM che, anche in questo tempo, dedicano cuore e impegno per prendersi cura dfella nostra comunità.

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